“Buongiorno, mi chiamo André, ho 4 anni, sono un maschio e non sono mai andato a scuola” ecco le parole con le quali ha esordito André Stern alla conferenza del 1° giugno scorso a Belluno (organizzato dal Cento Montessori Cortina con la mia collaborazione) alla quale ha partecipato con il padre Arno. Proverò con le mie parole a trasmettervi i concetti che più mi sono rimasti impressi perché credo che ognuno di noi debba riflettere profondamente. La prima volta che ascoltai Andrè era il 2007 in India ad Auroville; poi organizzai con Enrico Tagliapietra a Vicenza un workshop con lui nel 2015, quando venne a Vicenza a parlare al TEDx. Molti concetti che esprime sono già radicati in me da tanto tempo, ma ogni volta riesce con una chiarezza e una comunicazione efficacissima a commuovermi ed emozionarmi. Buona lettura, nella speranza che prima o poi possiate anche voi ascoltare André dal vivo ed assorbire tutta la sua energia e potenza. Siamo d’accordo che tornerà presto in Italia! 🙂

Rispetto e fiducia

Quand’era piccolo era stanco che gli chiedessero “come ti chiami?”, “quanti anni hai?”, che lo scambiassero per una bambina (perché aveva i capelli lunghi) reagendo con agitazione quando scoprivano che era un bambino, che gli chiedessero che scuola facesse, etc. E così ha iniziato a presentarsi anticipando già tutte le risposte, così da risparmiarsi il terzo grado e da sollevare l’adulto dal disagio di sentirsi “correggere” sul fatto che non fosse una femmina! 🙂 Quanto spesso manchiamo di rispetto ai bambini perché pensiamo che visto che sono bambini possiamo permetterci di fare domande che ad un adulto appena incontrato non faremmo mai? Quante volte ci permettiamo di fare carezze, strizzando guanciotte o arruffando capelli a bambini che incontriamo per la prima volta? Riflettiamo troppo poco sul fatto che il bambino prima di tutto è una persona e che è degna dello stesso rispetto di qualsiasi altra persona.

André ha posto l’attenzione proprio su un nuovo atteggiamento verso l’essere umano: rispetto e fiducia profondi.

La visione media dell’infanzia oggi è: il bambino è al punto “0” (zero) dell’evoluzione, e l’adulto è la versione plus, ossia, partendo da “0” il massimo dello sviluppo umano è “l’adulto”Io e le altre 400 persone presenti non l’abbiamo presa come una buona notizia! 🙂
La questione è che purtroppo partendo da questo presupposto, l’adulto si sente legittimato a guardare sempre il bambino dall’alto in basso, a dirgli cosa deve o non deve fare, come farlo e se è fatto bene o meno, perché lui è più evoluto.

Ma il nostro continuare ad interferire con lo sviluppo naturale del bambino cosa implica?

Tra sviluppo del cervello e sopravvivenza

Le neuroscienze hanno dimostrato che il cervello non si evolve in base alla predisposizione genetica (che è solo la base di partenza) ma si sviluppa in base all’esperienza dell’individuo da quando viene concepito in poi; è soprattutto nei primi anni che forma il suo cervello in relazione all’ambiente, all’esperienza e alle relazioni, alle necessità (tra i due e i tre anni c’è il massimo sviluppo del sistema neurale).

André ci cita alcuni dati: è dimostrato che i bambini che vivono nella jungla sanno riconoscere 250 tipi di sfumature di verde diverse perché questo può determinare la loro sopravvivenza nell’ambiente in cui nascono; quindi il loro cervello da quando nascono in poi si sviluppa in quella direzione; un bambino di Belluno non ha alcun bisogno di riconoscere 250 sfumature di verde, ma svilupperà le parti del cervello che gli sono necessarie alla sopravvivenza nel suo contesto ambientale.

“Come dimostrano le neuroscienze, nei primi anni della nostra vita perdiamo moltissimi dei potenziali con cui nasciamo, perché non li utilizziamo, e alla fine di queste continue potature cosa rimane? L’adulto!”. Anche questa non l’abbiamo presa come una buona notizia :).
Quando Andrè parlava non potevo non pensare a quante volte in questi anni ho sentito dire da suo padre Arno che i bambini di oggi sono come dei piccoli adulti; mettendo insieme i due concetti penso che se da un lato con le nostre continue intromissioni nello sviluppo naturale abbiamo imposto ai bambini delle potature, dall’altro lo abbiamo fatto troppo presto, nel momento più delicato del loro sviluppo.

[ndr: apro però anche una piccola parentesi sul fatto che quella “potatura” (pruning) delle sinapsi del cervello non è necessariamente negativa. Avviene grazie ad una specializzazione dei collegamenti tra i neuroni ed è grazie anche a questa potatura che riusciamo a sviluppare alcune abilità più di altre].

Il bambino ferito

Qual è il danno più grave che facciamo ai bambini? Andrè non poteva dirlo in modo più semplice e più chiaro: “molti di noi portano dentro un bambino ferito, il bambino a cui è stato detto continuamente quand’era piccolo in modo più o meno esplicito: “così come sei non vali””.

Ignari di ciò che è lo sviluppo naturale di un bambino spesso ci relazioniamo con i bambini nel modo più sbagliato. Già da quando sono appena nati e la società ci convince che un bravo bambino deve dormire tutta la notte, facciamo credere al bambino che è lui quello sbagliato (ndr: i bambini si svegliano spesso durante la notte per mangiare perché madre natura ha previsto così!). Continua André, da lì in poi è tutto un crescendo: “se corrispondi alle mie aspettative io ti amo di più”. E’ un continuo “ricatto” implicito, in cui il bambino pur di avere la nostra gratificazione, il nostro rispetto e il nostro amore, fa come gli diciamo. Continua a ricevere il messaggio inconscio “Tu così come sei non vai bene”. Quando non dormono da piccoli, quando non fanno a nostro giudizio un bel disegno, quando prendono un brutto voto, etc. il messaggio che rielaborano è: io non sono capace… io non valgo… io sono una frana.

E non posso non pensare alle parole del padre Arno che spesso mi risuonano e mi fanno venire la pelle d’oca: la nostra società è riuscita a far in modo che i bambini dubitino di se stessi“.

L’entusiasmo: l’ingrediente segreto per apprendere

Le neuroscienze, continua André, vengono in aiuto dei bambini e ci dicono: “Attenzione! Imparare non è una cosa che facciamo, ma è una cosa che ci succede”. Il nostro cervello non è ottimizzato per memorizzare le informazioni. E’ ben predisposto per la soluzione dei problemi, ma un input viene impresso solo quando i nostri circuiti emozionali sono attivati. Questo rovescia ogni prospettiva educativa! Se non sono attivati i circuiti emozionali, se non c’è interesse ed entusiasmo, un’informazione entra da un orecchio ed esce dall’altro. Tra i dati riportati da André, risulta che l’adulto medio abbia dimenticato l’80 % di ciò che ha memorizzato nel passato quando imposto da altri.

Andrè con molta semplicità ci dice: “Sapete qual è l’unico modo per apprendere con il circuito emozionale attivato? Il GIOCO”.
E mi permetto di aggiungere per chiarezza sul concetto di “gioco”, che il bambino per apprendere ha bisogno di giocare nel più alto valore del termine; un gioco autodiretto e automotivato in cui il bambino o la bambina sono totalmente immersi, che non ha a che fare con un’attività ludica imposta dall’adulto.

L’epigenetica ha rovesciato ogni cosa: non è la genetica che determina l’intelligenza dell’individuo, ma l’uso che facciamo del cervello. Questo non significa però che se facciamo allenare il cervello di un bambino con una serie di attività imposte, l’intelligenza si sviluppi, perché manca l’ingrediente principale, il motore di tutto: l’entusiasmo. “L’entusiasmo – dice Andrè – ci fa volare, ci rende geniali, possiamo spostare le montagne. (…) La scienza ci dice che in uno stato di entusiasmo secerniamo dei neurotrasmettitori neuroplastici che vengono ad agire sul cervello come un fertilizzante. (…) Un bambino piccolo vive una tempesta di entusiasmo ogni 2-3 minuti. (…) Non conosce gerarchia tra mestieri e materie. La matematica e il lavorare a maglia possono avere lo stesso fascino incredibile; per loro non c’è differenza di fascino tra una persona che lava i vetri e un avvocato”.

C’è un genio in ogni bambino che aspetta solo il nostro entusiasmo. Ma il problema è che ciò che entusiasma i bambini non è riconosciuto dalla società oggi”. Chi di noi è stato ferito in questo entusiasmo quand’era piccolo, adesso che è adulto non sa più riconoscere cosa lo entusiasma, fino al punto di convincersi di essere una nullità.

Se vogliamo figli felici, dobbiamo essere felici noi per primi. Noi siamo il modello che loro vedono. Se vogliamo bambini felici, che sarranno adulti felici, non possiamo più permetterci di creare questa pressione incessante nei bambini, una pressione fatta di aspettative, imposizioni e ricatti.

Conclude André: “non c’è amore incondizionato senza fiducia incondizionata”.

Qual è il messaggio principale che mi porto a casa dalla conferenza: la nostra fiducia incondizionata deve tradursi in “io ti amo perché tu sei così come sei”.

I bambini hanno bisogno della nostra fiducia e del nostro rispetto, in sintesi: hanno bisogno di un nuovo atteggiamento verso l’essere umano, verso l’infanzia.

Grazie André, noi ti aspettiamo! 🙂

Maria Pia Sala

(Articolo scritto dopo pochi giorni dalla conferenza e ripubblicato in questi giorni).

© I contenuti presenti nel sito e negli articoli (immagini e testi) sono di Maria Pia Sala. Mi fa piacere se desideri divulgare o condividere le mie parole e ti ringrazio, ma ti chiedo di citare sempre la fonte per rispetto a me e al mio lavoro.

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