Penso al Closlieu e al Gioco del dipingere e penso a quanto preziosi siano per coltivare la pazienza, per rispettare i tempi di ognuno, per creare le condizioni affinché un piccolo semino cresca e diventi un fiore meraviglioso.
Ma nella vita di tutti i giorni, quanto permettiamo ai bambini di coltivare la pazienza?
Coltiviamo la pazienza prima di tutto noi serventi del Gioco del dipingere e genitori: se un bambino non è pronto per entrare in atelier dobbiamo attendere, con fiducia e calma il momento giusto. Se un bambino ha paura di dipingere perché gli hanno detto che non sa disegnare, non possiamo pretendere che prenda il pennello e dipinga, dobbiamo attendere, con fiducia e calma il momento giusto. Noi dobbiamo solo creare le condizioni.
Coltiviamo la pazienza ogni volta che stiamo per non farcela perché ognuno ci chiede qualcosa di diverso contemporaneamente “puntina!”, “goccia, goccia goccia, presto goccia”, “Maria Pia mi fai un colore nuovo?”, “Anch’io voglio un colore nuovo”, “Maria Pia ho finito, voglio un altro foglio”, “Maria Pia ho bisogno dello sgabello”, “pipì”, “acqua”, “sono stanco”, “non so cosa dipingere”.
Coltiviamo la pazienza senza lasciarci sopraffare dalle emozioni, quando i bambini si annoiano perché non sono più abituati a giocare e a lasciarsi andare a gesti spontanei e iniziano a disturbare tutti, a correre, a fare pasticci, a stuzzicare gli altri, ad alzare il tono della voce. Come mi insegna la mia saggia amica Tullia, non dobbiamo prenderla sul personale ma tenerci distaccati e attendere con pazienza, consapevoli che prima o poi arriverà il momento in cui troveranno la loro sponteneità, il loro equilibrio e la loro calma.
Nel Gioco del dipingere e nel Closlieu, coltiviamo la pazienza e allo stesso tempo la trasmettiamo ai bambini. Li facciamo attendere se siamo impegnati con qualcun altro, li facciamo andare adagio adagio verso il loro foglio con la ciotolina in mano facendo attenzione che acqua e colore non si mescolino, li aiutiamo a rallentare passo e gesti per ritrovare il piacere del fare, li invitiamo a continuare sullo stesso disegno con cura invece di contare quanti disegni hanno fatto.
Dovremmo imparare dalla natura e dai suoi tempi lenti: le stagioni, le giornate, una pianta che cresce, un bambino in grembo, un seme che germoglia…
E invece nella vita di tutti i giorni corriamo sempre, non abbiamo mai la pazienza di osservare, di attendere, di scoprire, di capire. E in questa fretta compulsiva, centrifughiamo i bambini che avrebbero i tempi della natura: lenti, silenziosi, ritmici. Li travolgiamo con le nostre esigenze e spezziamo i loro ritmi, la loro calma innata. Abbiamo fretta che imparino a parlare, a camminare, a mangiare, a sapere tre lingue, a suonare il pianoforte, a imparare il dorso e lo stile libero, senza sapere di quanto importanti siano invece i momenti che precedono tutto questo.
Poi ci meravigliamo perché non sanno aspettare, sono iperattivi e non hanno pazienza. Ma sono loro il problema o imponiamo noi un ritmo frenetico in contrasto con la lentezza del loro cervello (come scrive il prof. neuroscienziato Lamberto Maffei in “Elogio della lentezza”), generando così tutte quelle problematiche così diffuse al giorno d’oggi?
La natura, a cui appartengono molto più di noi, ha programmato tutto: se l’albero avesse fretta di crescere e fiorisse in gennaio, i frutti non nascerebbero. L’albero attende, attende silenzioso che tutto sia pronto: la stagione, il sole, l’umidità, la temperatura, le api. Osserva cosa accade attorno, aspetta che la pioggia e la terra nutrano le sue radici e lo rafforzino e così procede nella sua danza verso la vita. E sboccia al momento giusto, quando tutto è in armonia, lo favorisce e lo supporta. Se sbaglia di una settimana non fiorisce e matura più nulla. Se anche noi ci impegnassimo in tutti i modi per farlo maturare prima, lui attenderebbe comunque il momento giusto in cui tutto quello che doveva accadere prima sia compiuto.
Dobbiamo imparare a rispettare i tempi dei bambini, così come rispettiamo quelli di un albero, e dobbiamo creare le condizioni perché possano rimanere in contatto profondo con i loro tempi personali e naturali, perché solo così cresceranno con equilibrio, capaci di attendere il momento giusto senza spazientirsi, con fiducia nell’attesa, godendosi il momento senza proiettarsi nel futuro.
Se con i bambini sbagliamo di una settimana, anticipando o rimandando, non matura più nulla o ci vogliono mesi e mesi per recuperare, magari anche attraverso terapie (logopedia, psicomotricità,…).
Vi state domandando come fare a sapere qual è il momento giusto?
Abbiate fiducia in loro, nelle loro capacità e nella loro saggezza e sviluppate una grandissima abilità nell’osservazione, accogliendo ogni loro passaggio come risposta ad un bisogno profondo, consapevoli che non potrebbe essere diversamente.
Vivete come se il bambino vi dicesse: “stammi accanto ma un passo indietro, e prendimi solo se te lo chiedo”.
Maria Pia Sala
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