Per capire i bambini l’unica strada è osservarli. Ci si accorgerà che un bambino o una bambina, nella natura delle cose, non dubitano mai di se stessi. Lo spirito di sopravvivenza lo fa sempre andare nella direzione giusta: curiosità ed entusiasmo lo spingono a provare e se non riesce in qualcosa, o lascia perdere o riprova senza drammi, con fiducia che prima o poi ci riuscirà. Tutto è in equilibrio.

Eppure al giorno d’oggi assistiamo continuamente a bambini e bambine che fin da piccoli dubitano di se stessi, vanno in crisi per poco, si mettono a piangere dicendo “non sono capace, fai tu”, oppure continuano a chiedere l’aiuto dell’adulto. Com’è possibile?

Io sono servente del Gioco del dipingere, secondo il Closlieu di Arno Stern. Una pratica nella quale ognuno è messo nelle condizioni di essere capace, perché si lascia andare al gesto spontaneo del tracciare spinto da una necessità profonda che nulla ha a che fare con il talento, le capacità, le inclinazioni, ma ha molto a che fare con il gioco spontaneo. Nessun risultato, nessuna mostra, nessun prodotto. Solo il piacere di tracciare e di giocare.

I bambini dovrebbero quindi arrivare all’atelier, prendere in mano il pennello e con gioia e sicurezza tracciare sul foglio, lasciandosi andare a gesti spontanei senza incertezze né paure. Invece molti bambini, anche di 4 anni, le prime volte che entrano in atelier sono convinti di non essere capaci, fino al punto che qualcuno di fronte al foglio bianco si blocca e inizia a piangere per la paura di sbagliare o per la frustrazione di non essere capace. Spesso ci vogliono mesi perché ritrovi fiducia, sicurezza in se stesso e spontaneità.

Com’è possibile che  bambini e bambine così piccoli piangano perché convinti di non saper disegnare, di non saper giocare o più in generale di non essere capaci di fare qualcosa?

Bambini, cuccioli di mammifero che stanno formando se stessi, che agiscono d’istinto, che sono spinti dall’istinto di sopravvivenza, che giocano per apprendere, come natura ha previsto. Come possono dubitare di se stessi?

Arno Stern qualche anno fa, durante un incontro, ha detto una cosa che mi ha stretto il cuore: “nella nostra società moderna siamo riusciti a far in modo che i bambini dubitino di se stessi”.

Ė inutile girarci intorno: se un bambino crede di non essere capace è perché qualcuno lo ha convinto di questo.

Ognuno di noi pensa che nessuno farebbe una cosa simile. Eppure ognuno di noi ha una parte di responsabilità, anche se non l’ha mai fatto con intenzionalità. Lo dico senza giudizio, ma solo per invitare alla riflessione e per portare un po’ di attenzione e consapevolezza al nostro agire.

Vi propongo qualche spunto.

  • Ogni volta che aiutiamo il bambino prima ancora che ce lo chieda, stiamo sottintendendo “non sei capace” (Maria Montessori del resto diceva “ogni aiuto non richiesto è un ostacolo”).
  • Ogni volta che abbiamo aspettative su un bambino che non rispondono al ritmo di quel bambino, stiamo trasmettendo al bambino la frequenza “non sei capace”.
  • Ogni volta che il bambino non riesce a fare qualcosa e ci sostituiamo a lui, magari anche dicendogli “sei troppo piccolo”, lo stiamo convincendo di non essere capace.
  • Ogni volta che insegniamo qualcosa al bambino che non è ancora pronto a recepire, ma il nostro programma (di genitori o scolastico) ce lo impone, stiamo facendo sentire quel bambino “non capace”.
  • Ogni volta che insegniamo qualcosa al bambino che lui non è pronto a ricevere o che non risponde alle sue modalità di apprendimento, facciamo sentire il bambino “non capace”. Vedi per esempio tutti quei bambini che hanno modalità di apprendimento uniche diverse dalla media degli altri bambini e che alla società piace tanto etichettare con un “DIS”! Sono bambini a cui continuiamo a trasmettere il messaggio “non sei capace”, “non sei come gli altri”. Ma semplicemente loro hanno altre strade per apprendere, strade che non sono quelle che abbiamo deciso noi a priori. Di fatto sono capaci eccome! Eppure tutta la vita vivranno con questa etichetta “non sei capace”.
  • Ogni volta che spieghiamo ad un bambino come si disegna qualcosa, o disegniamo al posto suo, gli stiamo trasmettendo il messaggio “non sei capace” (vi invito a leggere questo articolo sul tema).

Di fatto, ogni volta che non abbiamo fiducia nel bambino, nelle sue capacità e nelle sue potenzialità, ogni volta che abbiamo aspettative, ogni volta che ci prefiggiamo degli obiettivi nei suoi confronti non adeguate ai suoi ritmi, ogni volta che non abbiamo tempo e facciamo noi al posto suo, ogni volta che lo giudichiamo,… ogni volta, pur non parlando, stiamo trasmettendo a quel bambino un messaggio: “non sei capace”. E i bambini sono straordinariamente abili a leggere nel pensiero e a percepire tutto quello che non diciamo con le parole.

Il bambino crescerà convinto di non essere capace. E come ben sappiamo, il bambino forma la sua identità sulla base del feedback che riceve dal mondo. Che adulto sarà? Cosa penserà di se stesso? Sarà forte o fragile? Crederà in se stesso o dipenderà sempre dal giudizio degli altri? Avrà la fiducia per uscire dalle difficoltà o si lascerà travolgere convinto di non potercela fare da solo?

Per continuare la riflessione vi propongo di partire da cosa la natura ha previsto.

In natura i bambini credono in se stessi. Hanno una fiducia incondizionata nelle proprie capacità. Sanno che prima o poi riusciranno.

Il gioco spontaneo è basato su questo meccanismo. Noi lo chiamiamo gioco, ma non dimentichiamo che di fatto è la più alta forma di apprendimento (le teorie di Karl Groos, per me, sono le più convincenti). Avete mai visto un cucciolo di gattino o di cane piangere disperato perché non riesce a fare qualcosa? La natura ha previsto che la mamma sia presente e se necessario gli mostri come fare; una mamma mammifero non ha aspettative sui cuccioli, sa che prima o poi impareranno a fare quel passaggio. E rimarrà vigile e attenta senza forzare nulla, fiduciosa. Aiuterà il cucciolo solo nell’emergenza e se sarà necessario. Ma non interverrà mai se il cucciolo non chiede aiuto per un motivo reale, né tanto meno lo spingerà a fare cose che non può essere ancora in grado di fare. E non applaudirà ad ogni conquista del piccolo. La mamma mammifero sa che il cucciolo imparerà ciò che gli serve per sopravvivere. Lei deve solo proteggerlo e creare le condizioni affinché lui possa imparare.

Questa forza interiore che la natura ha donato ad ogni essere umano va coltivata con amore e va annaffiata, ma non con lodi gratuite, continue e quasi sempre superflue, va annaffiata con la FIDUCIA.

“Se tu credi che il bambino sarà capace, lui sarà capace”.

Ma ci devi credere con tutto te stesso. Ci devi credere perché sai che il bambino sarà in grado di fare tutto ciò di cui ha bisogno. Sarà in grado di arrivare dove desidera arrivare. Ci devi credere perché sei consapevole che, se non hai aspettative, tutto sarà in equilibrio e il bambino percorrerà la strada giusta. Se non sarà capace in quel momento, sarà capace quando sarà il momento giusto.

Ma se non crederai che lui sarà capace, e che ha bisogno di te sempre, tutto pian piano franerà sotto i suoi piedi. Quella forza straordinaria che la natura gli ha donato continuerà ad essere minata passo dopo passo. Comincerà a dubitare di se stesso e a pensare che senza di te non potrà mai fare nulla. E se da piccolo penserà di non essere capace ad infilarsi le scarpe perché lo continuerai a fare per lui perché semplicemente “non hai il tempo di aspettare”, da grande penserà di non essere capace di fare nulla. Eseguirà ciò che qualcuno gli dirà e si aspetterà sempre un giudizio a decretare le sue capacità o meno.

Vi invito a riscoprire la fiducia nei bambini, vi si aprirà un mondo e i vostri bambini saranno più sereni e molto più forti!

Attenzione però a non scivolare nelle lodi. Perché le lodi non sostituiscono la fiducia e spesso sono un’arma a doppio taglio. Possono creare dipendenza e fragilità. Oppure possono alimentare un ego spropositato. I bambini non hanno bisogno di mille lodi, hanno bisogno della nostra fiducia. 

Maria Pia Sala

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© I contenuti presenti nel sito e negli articoli (immagini e testi) sono di Maria Pia Sala. Mi fa piacere se desideri divulgare o condividere le mie parole e ti ringrazio, ma ti chiedo di citare sempre la fonte per rispetto a me e al mio lavoro.

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